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Piedi per terra, occhi al cielo: così il vecchio contadino prova a sollevare il velo...

COME ERA IERI

Marcorengo è stato un paese prevalentemente agricolo, completamente inserito nella civiltà e nella cultura contadina tipiche del Basso Monferrato, fino a metà degli anni '70 circa.

Quel mondo contadino, per quanto ricordo, comprendeva tre grandi momenti collettivi: l'aspetto religioso, il lavoro e lo svago.

Il momento religioso era costituito ovviamente dalle funzioni domenicali e festive, dalla partecipazione ai battesimi, matrimoni e funerali, ma anche da funzioni strettamente legate ai ritmi della campagna, come le rogazioni, processioni molto mattutine che si svolgevano prima della stagione del raccolto, per chiedere raccolti abbondanti.

Il momento di svago aveva l'osteria come centro di incontro: strettamente riservato agli uomini, era l'unico momento in cui il lavoro dei campi veniva messo da parte, l'unico momento comunitario, anche se non per tutti, e infatti le donne anziché all'osteria andavano ai vespri o restavano a casa.

Il momento del lavoro consisteva soprattutto nel "battere il grano", che rappresentava il culmine della stagione contadina, i suoi giorni più intensi, in cui si esprimeva al meglio la solidarietà trasversale a tutto il paese: atteso da noi ragazzini come una grande festa, per gli orari e le regole stravolte, per la grande libertà di spazio e di movimento di cui si godeva, per l'atmosfera di "comunità" che si creava.

Ogni famiglia mandava almeno una persona ad aiutare in tutte le altre case del "cantone", per poi veder ricambiato l'aiuto; e poi alla sera si mangiava in queste nostre case, nella "sala", quello che le donne avevano preparato per tutto il giorno, in un banchetto che non aveva uguali nel resto dell'anno: veramente era la festa del lavoro, del raccolto e delle persone che avevano contribuito con la loro fatica ed il loro sudore!

Anche la percezione del mondo cambiava, in quel periodo: niente più colori, del sole, del cielo, dei prati e delle piante; niente più odori e sapori, ma solo il gusto della polvere, densa, scura, insinuante, che si depositava dappertutto e seguiva la macchina dall'inizio alla fine del paese.

Ed un solo rumore, tun-tututututu-tun, fino all'ultimo giorno.

Eppure, non ho mai sentito alcuno lamentarsi, era tutto il resto che contava...

COME E' OGGI
(gli sterpi ed i rovi avanzano)

Quel mondo non esiste più: la civiltà e la cultura contadina sono scomparse. Il paese è rimasto sostanzialmente uguale, anzi migliorato, le case in gran parte ristrutturate, alcune sono nuove di zecca.

I terreni incolti sono aumentati, come i prati non tagliati o tagliati in ritardo.

E per fortuna c'è ancora qualcuno che se ne occupa!

La maggior parte dei boschi non è curata, fra qualche anno non si distingueranno più i confini.

Scomparsi i campi biondi di grano, sostituito in alcuni casi dai girasoli.

Gli sterpi ed i rovi stanno avanzando, a nord come a sud del paese.

I grilli e le rondini sono enormemente diminuiti, sono aumentati i serpenti ed i moscerini.

Però c'è un maggiore benessere, non è più necessario andare a raccogliere le "busche" nei prati ed i "bachèt" nei boschi...

I momenti religiosi sono rimasti, pur privati delle funzioni legate al ciclo contadino, il coro è rinato, momenti di aggregazione della popolazione sono presenti tutto l'anno. Sono scomparsi (quasi) tutti i nostri vecchi, non c'è più la scuola, e la maestra Angela, e tanti altri.

Ma, senza alcuna nostalgia per il passato, si può tranquillamente affermare che il paese è cambiato.

MA ALLORA, COSA RIMANE, COSA CERCARE?

Le radici.

I valori profondi.

Tutto cambia, si trasforma, nasce e poi muore, ma le radici rimangono.

Non vengono considerate importanti, non si riconoscono, perché affondano in terreni sconosciuti e tralasciati, non curati e di cui non ci si cura, ma hanno molta importanza nella vita e nelle scelte vitali dei singoli individui.

Un canto degli indiani d'America dice:

Noi non abbiamo casa, ma sappiamo costruirla
Non abbiamo tempio, ma sappiamo pregare
Non abbiamo il bastone del potere, ma conosciamo le tradizioni
Finché tutto questo sarà ricordato e tramandato, noi saremo vivi.

Le radici non sono legate solo alla famiglia di provenienza, al paese di nascita, all'educazione ricevuta.

Ma anche ad un tessuto che si è sviluppato nei secoli, lasciando in ciascuno di noi tracce di comportamenti antichi, quasi ancestrali.

Alcune di queste "tracce" sono diventate "valori".

Ad esempio, il senso del dovere è sempre risultato molto accentuato nei contadini, meno in altre categorie.

Il senso del "tempo giusto per ogni cosa" è un altro esempio, come il rispetto per la natura, ed altri ancora.

Il senso della solidarietà, che in alcuni casi diventava qualcosa di più, diventava carità ed amore, non era forse espresso in modo evidente, come nel mondo operaio (quando c'era, sta scomparendo anche quello), ma nel mondo contadino era molto presente.

Poi si litigava per l'eredità o per un transito nei campi non concesso, ma in alcuni momenti le radici facevano nascere un alberello, che poi diventava una magnifica pianta.

Don Bosco insegna.

E queste radici non si trovano solo nei ricordi, ma molto più in profondità, nel più profondo del cuore.

Secondo me, questo paese, con la sua pace e serenità, aiuta a trovarle. Ricordate la domanda di don Arturo, alla funzione per la cara Mercedes?

COSA VI PORTERETE DIETRO?

La sua risposta è stata: le opere di bene, la carità.

Che è l'espressione del più profondo dei valori.

Qualcuno penserà che queste parole sono risapute, vengono già dette nelle prediche, sono troppo filosofiche, o esistenziali, o sociologiche, o poco realiste, od altro ancora.

Forse è davvero così.

Ma oggi siamo tutti bombardati da messaggi per indurci a comperare qualcosa o "essere qualcuno".

Siamo pieni di analisi sulle crisi, la crisi economica, la crisi politica, della giustizia, degli extracomunitari, delle Borse, dei mercati asiatici, ecc. ecc.

Pochi i messaggi con l'invito a riflettere su noi stessi: il Papa, alcuni parroci, pochissimi saggi, comunque inascoltati.

Gli esempi, poi, sembrano così lontani, difficili, impossibili da imitare.

C'è poca semplicità.

Forse la riscoperta delle "radici" può aiutarci.

Forse bisogna ritrovare "ciò che rimane".

Forse questo è un passo su quella famosa "pista"...

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